lunedì 13 ottobre 2014

Il ritorno del cavaliere oscuro e me, ovvero di come Frank Miller abbia vinto su tutti i fronti

Sto cercando di capire perché Frank Miller è così importante per me.

Non è facile spiegare la mia venerazione per quello che è di fatto uno degli dei del fumetto (se non l’unico Dio) perché è cresciuta con il tempo, lettura dopo lettura, e mi ha del tutto travolto durante la ripresa de Il ritorno del Cavaliere Oscuro quest’estate. Oltre al desiderio di recuperare tutto quello che mi sono persa (fin troppo, Sin City per dirne uno), sento proprio al petto il fottutissimo bisogno di risfogliare i fumetti già letti.

Perché?

Perché mi sono sbagliata e ho sottovalutato il potere dei suoi lavori. Perché sono cambiata e ora sono capace di individuare nuove linee di lettura più interessanti e intriganti. Perché ho imparato ad apprezzare la cura maniacale del dettaglio. Perché adoro le maniera in cui VEDE le vignette, il modo in cui nelle sue mani diventano uno strumento di sperimentazione.

E perché proprio adesso?

Alla fine l’unica risposta che riesco a darmi è perché solo ora ho imparato a conoscermi bene.

“In che senso?” potreste chiedervi (o no, in fondo si tratta solo di me). 

E io vi risponderei di aver  capito di non essere quello che credevo di essere. Mi sono sempre ritenuta una tipa alla Gaiman e invece devo confessarvi che leggo Sandman  a spizzichi e bocconi, per evitare che risulti indigesto. Per piombare nel magico mondo di Delirio e gioirne devo provarne il bisogno, altrimenti la magia non funziona. Insomma ho ammesso a me stessa che i mondi onirici romanticamente deviati non mi appartengono e non mi apparterranno mai.

In Miller trovo quello che non mi suscita Gaiman, cioè una buona dose si emozioni nitide, ben delineate e sincere. Vere. Le trovo tutte nel suo Batman. Sento che proprio qui mi viene spiegata l’essenza dell’animo umano e l’evidente incapacità di essere sé stessi senza piegarsi alla propria natura. Siamo quello che siamo, non possiamo essere diversi. Possiamo solo trasformare i nostri difetti in ulteriori armi per sopravvivere a questo mondo,  far valere le nostre convinzioni e proteggere ciò che ci è più caro. Perché il mondo è ostile, sempre lo sarà e sta solo a noi non chinarci di fronte a nulla. E per farcela dobbiamo autodeterminarci e divenire potenti nella nostra piena coscienza.

Un particolare divertente è che il mio “risveglio milleriano” dipende da un’opera del Maestro che non tutti conoscono: Ronin. E allora immaginatemi all’inizio dell’anno, in pigiama (vorrei potervi dire in maglietta e perizoma, ma era freddo) mentre mi affogo nelle pagine che raccontano di un futuro che in parte è già arrivato e di uno che in parte è già nella testa di tutti. Lì, proprio lì, a fare il tifo per un samurai disonorato. Là, dove l’uomo è in grado solo di distruggere e dove tutto ciò che è bene non è quello che sembra.

E fu così che lo sfondo del mio telefonino lo prese Miller.

Ora il Ronin ha lasciato il posto a Carrey Kelly in veste di Robin, bella come il sole con i suoi occhialini e il suo ciuffo in bella vista. 

Insomma un passaggio di testimone che in realtà vero passaggio non è, dato che Miller rimane.

Rileggere Il ritorno del Cavaliere Oscuro di questi tempi è stato come morire e rinascere (ironia della sorte); smettere di vivere per non trovarsi davanti all’egoismo del genere umano e sopravvivere per non perdere le persone che lottano con coraggio e devozione.  È sapere di essere Gordon e desiderare essere Batman, voler essere influenti quando in realtà si è solo una piccola pedina nella mani di altri uomini.

È MAGIA PURA.

Volevo fare un elenco dei 5 motivi per cui Il cavaliere oscuro è il fumetto più bello di sempre, una sorta di riepilogo del perché secondo me Miller ha vinto su tutti i fronti. E allora mentre terminano le ultime note di Moonlight Mile (adorabile fissazione per Sticky Fingers) ci provo con la convinzione che renderò ancor più confusa quest’accozzaglia di pensieri.

Il piccolo rettangolo smussato che distorce i fatti

Passando molto tempo a casa, spesso con la tv accesa, mi sono  resa conto ancora di più di come i programmi televisivi possano propinarci notizie distorte, tacere di eventi importanti e orientare le nostre opinioni offrendoci solo un punto di vista. Ne Il ritorno del Cavaliere Oscuro ogni vignetta smussata rappresenta lo schermo televisivo, una piccola finestra per permetterci di ascoltare ciò che guardano le persone comuni che vivono in città. Un nuovo modo di osservare come i media trattino le vicende che ci vengono raccontate direttamente dai protagonisti e di come ogni piccolo sprazzo di talk show sia dominato dall’ovvietà e dal bisogno di trovare sempre e comunque un capro espiatorio che permetta i cittadini di riconoscersi innocenti davanti al disfacimento di Gotham. E proprio soffermandosi su tali vignette che ci si trova di fronte ad un dato di fatto innegabile: niente e nessuno descrive meglio di Miller il media televisivo.

-Channel two, in esclusiva, mostrerà il video di sicurezza della polizia dell’omicidio del sindaco! È uno spettacolo per un pubblico adulto. Restate con noi.

-Il nostro argomento di stasera è la responsabilità di Batman per questa atrocità. Nostro ospite, l’esperto mondiale sull’impatto sociologico di Batman, il Dott. Bartholomew Wolper.

Sono solo alcuni esempi di come la reporter Lola e gli altri membri di Channel two si propongano alla persone che si trovano dall’altra parte dello schermo. Miller ci mostra una tv caratterizzata da segnalazioni di notizie cruente descritte nei minimi particolari, da opinionisti del niente e dalla superficialità che dilaga in ogni dibattito. Insomma, niente più triste, niente di più vero.  

L'occhiolino di Superman

-Ci ucciderebbero se potessero Bruce. Sono ogni hanno più piccoli. Ogni hanno ci odiano di più. Non dobbiamo ricordarli che i giganti camminano sulla terra.

-Io gli diedi la mia obbedienza e la mia invisibilità. Loro mi diedero una licenza e ci lasciarono vivere. No, non mi piace. Ma posso salvare delle vite…e i media stanno buoni.

-Ti ho sempre amata…Anche se sono nato in un’altra galassia…Ti ho sempre servita…Ci anima la stessa forza…quella del sole…tu la trattieni…qua…la conservi…Ti imploro…Per un mondo sofferente liberala…Madre…Sei così…Generosa…Tu mi doni la tua magnifica giungla…e io giuro…che il tuo figlio adottivo ti onorerà.

E poi quell’occhiolino nella penultima pagina.

Superman è il superuomo per eccellenza. Sempre infallibile, sempre pronto a fare la cosa giusta e a mettersi al servizio degli altri, annulla le sue esigenze per un bene maggiore. L’uomo perfetto, o meglio l’uomo che non esiste. Ciò che tutti aneliamo ma che nessuno  è capace di raggiungere, neanche con impegno e costanza, perché il male è insito in noi. E così l’unico uomo perfetto non può che essere un alieno e non può far altro che farci storcere il naso. Ma vacilla cazzo! E invece no, sempre intero, sempre pronto ad amare la terra e i suoi abitanti, più di noi e meglio di noi. Ne Il  ritorno del Cavaliere Oscuro Miller ci racconta (e come lo fa bene!) di quanto  Superman sia capace di esser ancora più buono: la Terra va in pezzi, la sete di distruzione dell’uomo dilaga e in contrapposizione lui diventa sempre meglio, un Cristo pronto a portarsi il peso di tutto il male del mondo. Semplicemente patetico, ma totalmente supereroistico. E d’altronde di chi stiamo parlando, se non del supereroe per eccellenza?

Il ciuffo cotonato di Carrey Kelly

La Robin che mi somiglia. Quella ragazzetta avventata che va verso la sala giochi, anche se sa che è un rischio, perché non vuole precludersi niente. Quella ragazzetta che, nonostante gli occhiali e le ciocche che le cadono sul viso, non nasconde i propri sentimenti che le si insinuano nelle curve delle labbra e negli occhi espressivi. La ragazzetta che decide di seguire un’ideale senza chiedersi troppo perché, forse solo per riconoscenza nei confronti di un uomo così diverso da lei. Un’adolescente che vuole di più, ma non sa come fare e, per questo, decide di affidarsi a Batman e di credere che la sua missione sia quella giusta. Trovo incredibile che Miller sia riuscito a descrivere con tanto anticipo e in maniera così vivida il ritratto del giovane di oggi incapace di reagire in un mondo che non gli appartiene. L’unica cosa che resta a Carrey Kelly per potersi immaginare in una situazione diversa dall’anonimato in una città che fa di tutto per non essere sua è trovare un uomo forte e potente, un maestro, attirare le sue attenzioni, farsi accettare come compagna d’avventure e assorbire tutto quello che può. Innamorarsi di un personaggio (Batman) e abbracciarne le convinzioni (Giustizia ad ogni costo). Lottare per i principi di un’altra generazione con la speranza di cambiare le cose o quantomeno di cambiare se stessa. Di solito si avvera soltanto la seconda opzione.

-Una piccola mano stringe la presa sul mio braccio…una ragazza di tredici anni respira veloce e perde all’improvviso l’innocenza.

 I “Vecchio fortunato” di Batman

Da un lato la giovane senza un orientamento, dall’altro il vecchio determinano che non ha mai perso di vista il suo obiettivo. Come ci ha sempre abituato, anche ne
Il ritorno del Cavaliere Oscuro Bruce rimane un personaggio incapace di vivere senza la maschera. Nei brevi sprazzi del graphic novel in cui appare in pensione lo vediamo in ordine cronologico rischiare la vita in una gara di Formula 1, bere whisky (o chissà che altro) insieme a Gordon in memoria dei vecchi tempi e farsi aggredire e derubare da un gruppo di ladruncoli da strapazzo. Poi è di nuovo Batman. La sua caparbietà nel combattere il crimine, arrivando dove la polizia e la legalità non arrivano, si rafforza e assume una connotazione diversa. È facile mettersi in gioco quando si è giovani e ci si è ben preparati alla battaglia; lo è meno quando gli anni avanzano e non si è più forti come prima. Il Batman di Miller lo sa, conosce bene i suoi limiti e ciò gli permette di compiere le scelte tattiche adeguate per trasformare una sconfitta dichiarata in una vittoria al filo di lana. Non sempre agisce con cautela però; ha troppo bisogno di sentirsi Batman (con la B maiuscola) e allora rischia con attacchi che non funzionano a dovere. Non è più quello di una volta e per questo, ad ogni avventatezza che compie rimanendo illeso, sa di esser fortunato. Se lo ripete in continuazione, ma non ci crede. E, vi dirò, non ci credo neanche io.

 Le colpe dei padri ricadute sui figli

-Quando penso a Bruce…vorrei che non mi avessero mandato in pensione. È finito. Non c’ è modo di dirglielo. Né motivo, suppongo.

Perché i Mutanti sono così? Perché tanta violenza? Perché tanto insensato bisogno di distruzione? Bisognerebbe chiederlo ai padri che con le loro azioni hanno plasmato il mondo a loro immagine e somiglianza. La vita a Gotham (e sulla Terra in generale, considerando a cosa va incontro Superman) non lascia intatto un solo briciolo di speranza. Di chi è la colpa? Di chi si è lasciato corrompere fino alla pazzia (Harvey Dent ), di chi non ha fatto abbastanza bene il proprio lavoro (James Gordon), di chi non ha reagito (il cittadino medio). Sono gli stessi abitanti di Gotham ad averla trasformata in una città  in rovina e a rendere potenzialmente pericolosi i propri figli. Stessa cosa si osserva nello scenario globale: la terra brucia per le colpe degli uomini. È un mondo senza scampo quello che ci racconta Miller, un mondo dove il bene non può vincere e i più potenti supereroi non bastano più. 
Un mondo, ahimè, non tanto diverso dal nostro.

Ce ne sarebbero altre di motivazioni (i “Penso a Sarah. Il resto è facile” di Gordon, l’inevitabile sconfitta delle riabilitazioni, la mamma e i colori per Robert, la collana di perle e le pallottole, il pipistrello che ha dato vita a tutto, per citarne qualcuna) ma è faticoso parlare de Il ritorno del Cavaliere Oscuro. E fa anche un po' paura.

Perciò vi lascio con una promessa che mi sono fatta. I primi soldi che otterrò lavorando saranno spesi per acquistare la mia copia personale. Perché me lo devo meritare Il ritorno Cavaliere Oscuro. Per me, per la mia generazione disadattata e per un nuovo inizio.




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