mercoledì 13 novembre 2013

Riflessi di me

La mia generazione ha perso

Ha perso perché non ha cercato di trovare alternative.
Ha perso perché non ha lottato quando doveva.
Ha perso perché si è crogiolata e si crogiola su se stessa.
Ha perso perché ogni giorno si vittimizza per il proprio ruolo nel contesto sociale.
Ha perso perché non si lecca le ferite e va avanti, ma si fa sbranare.
Ha perso perché è rabbiosa, ma per i motivi sbagliati.
Ha perso perché non è in grado di gestire nulla.
Ha perso perché è infelice e manco sa perché.
Ha perso perché vede il futuro, ma non fa nulla per ottenerlo.

La cosa più tremenda è che spesso anche io sono così.
Me ne vergogno. E plasmo me stessa di conseguenza.
Almeno non sono ignara. Almeno c'è chi mi aiuta.
Almeno, passo dopo passo, posso uscire da questo guscio protettivo che ho creato.
Per proteggermi, tutelarmi, non avere responsabilità.

Ho buttato due anni di università che ho vissuto in stato larvale,
lamentandomi del mondo, senza capire che il problema ero io.
Dovevo scavare dentro me e capire ciò che non andava e perché.
Era la mia vita ad essere sbagliata, quella vita costruita dalle mie stesse mani.
Ora so che voglio, come lo voglio ottenere e come voglio vivere.
Se l'ho capito tardi è solo colpa mia e ne sono conscia.

Eppure la mia strana, folle, creativa e brillante generazione continua a stare seduta lì, sulla poltrona, a grattarsi la pancia. Sta lì ferma immobile. Non cambia, non evolve. Si lamenta e basta.
Io da parte mia cerco di non farlo più e di andare avanti.
Ma la tristezza nell'osservare la mia generazione che non c'è, che non dà e che non vuole dare è desolante.
Mi annerisce il cuore. Mi fa odiare me stessa. Mi fa ritornare quella persona disgustosa che ho odiato e a cui ho voltato le spalle.

Ragazzi iniziamo a vivere di nuovo, ricominciamo a lottare per le cause giuste, facciamoci valere. 
Dimostriamo alle vecchie generazioni che possiamo essere grandi anche noi.
Possiamo farlo. Basta smettere di lamentarsi e fare, lottare e vivere.
Basta cambiare.

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