Non sono mai stata falsa e dirò con tranquillità che mi sono sempre
sentita una ragazza piuttosto profonda. Qualcuno mi ha fatto capire che non
sono così. Al contrario sono stata fin troppo superficiale! Ho confuso l’ipersensibilità
che mi connota e che mostro in maniera dannatamente sfacciata con la
profondità. La profondità, infatti, non è qualcosa di insito nelle persone. E’
una qualità che si ottiene solo se viene ricercata e accudita. Solo i curiosi
fino al midollo, che tendono più di ogni altro alla ricerca, possono riuscire a
percepire l’ultimo tassello del mosaico.
Ma c’è di più. La curiosità, per raggiungere elevati livelli di
profondità, non deve manifestarsi solo nei confronti di ciò che ci è affine, ma
anche nei confronti di ciò che più ci fa ribrezzo. Analizzare i motivi per cui
una cosa non ci piace comporta infatti due effetti concatenati: la miglior
comprensione del proprio essere e l’osservazione concreta di quanto di
oggettivo ci sia nelle nostre critiche. Due lati importanti della stessa
medaglia, insomma.
Quindi, d’ora innanzi mi pongo davanti alla realtà con l’approccio di
Dylan Dog: mi faccio le giuste (?) domande e ne cerco le risposte. Anche se
dubito, proprio come succede all’Indagatore dell’incubo, di ottenerne di
esaustive. Per fortuna che poi ci sono anche quelle persone che sanno le
risposte da subito, ma si pongono sempre e comunque le domande, per sicurezza,
per non dimenticare qualche piccolo dettaglio rilevante. Loro io li chiamo
MAESTRI. E da loro non smetterò mai di imparare.
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