ABOUT...DYD E MARGHERITE
Pochi giorni fa ho avuto la
fortuna di recuperare il Dylan Dog Maxi
2 e di leggere una delle storie più
amate dai fan di Dylan Dog, appunto Margherite che, chiedo venia, non avevo
mai avuto modo neanche di sfogliare. L’unico ricordo percepibile che avevo era
una tavola originale che mi aveva totalmente rapita anni fa, alla mostra per il
venticinquesimo compleanno dell’Indagatore dell’Incubo qua a Milano. Margherite, tra l’altro, è uno di quei
capolavori che mi prendevo sempre la briga di citare ogni qualvolta mi venisse
criticato il lavoro di Carlo Ambrosini, ma senza cognizione di causa. Semplice
furbizia da ragazzetta che un po’ si è informata; sapevo che era una storia
incriticabile, volevo difendere uno degli autori che più stimo (Napoleone I love you!) e, sì, giocavo sporco.
Non sono una megaesperta di
Dylan, ma lo amo molto, più ora che negli anni passati poiché col tempo ho imparato
ad apprezzare i suoi toni di grigio che prima, concentrata sulla mia concezione
di verità e “capisciona” com’ero, non coglievo. Sto recuperando proprio adesso quelle
meravigliose perle che ho inevitabilmente perso e che invece reggono le
fondamenta del fumetto Bonelli che
più mi appartiene.
Margherite è una di queste, in primo luogo perché è disegnata
veramente bene. Però ammetto che questi son gusti. Quante volte ho sentito i
commenti più disparati sulle tavole Bonelli!
Il concetto di per sé è molto semplice: Dylan
Dog, come gli altri albi della casa editrice, è un mensile e necessita di numerosi disegnatori per
mantenere viva la produzione. Ovviamente ognuno di essi avrà sia un proprio
stile che una diversa concezione grafica di quest’ultimo. Il Dylan Dog di
Brindisi non sarà mai lo stesso Dylan ritratto da Casertano, e potrei
continuare così citando uno ad uno tutti i più importanti artisti che lavorano
sull’Indagatore. Perciò la mia opinione a riguardo, come tutte, è molto
personale.
In secondo luogo è veramente ben scritta.
Breve e scorrevole, permette al lettore di soffermarsi sempre all’altezza degli
eventi più rilevanti, proprio dove perdersi
nei propri pensieri diventa un’esigenza. Perché c’è poco da fare, se questa
storia non vi fa riflettere siete degli insensibili!
In ultimo la storia è potente! Il
povero Dylan Dog si ritrova -guarda caso in maniera inspiegabile- ad osservare
ogni giorno una fioraia cambiare le proprie sembianze; la donna, a sua volta,
vede Dylan allo stesso modo. Bloccati in questa trappola senza fine, dove l’angoscia
e la sensazione di impotenza la fanno da padroni, i due non possono che pensare
a quanto sia labile il confine dell’esistenza da quello della non-esistenza.
L’amore non basta a suggellare un lieto fine questa volta, perché, per
permettere a Dylan di tornare a far parte del mondo, quello vero, la dolce e
riflessiva Margherita si scarificherà, tornando lei al nulla. Un modo piuttosto
anomalo e curioso di definire la condizione degli emarginati, di quelle figure
che sono più ombre che persone vere e proprie per il fatto che non ci
soffermiamo, al contrario di Dylan, a scrutarle.
Memore ancora delle sensazioni e
delle mille riflessioni che Margherite
mi ha donato, non posso che accettare di buon grado la scelta di Ambrosini come
autore completo del Dylan Dog di
nuova serie in prossima uscita. Sono sempre strane e affascinanti le
coincidenze.
Ho una speranza per Dylan: che
torni quello di una volta. Vediamo se, piano piano, ci riesce.
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