giovedì 22 agosto 2013

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ABOUT...DYD E MARGHERITE


Pochi giorni fa ho avuto la fortuna di recuperare il Dylan Dog Maxi 2 e di leggere una delle storie più amate dai fan di Dylan Dog, appunto Margherite che, chiedo venia, non avevo mai avuto modo neanche di sfogliare. L’unico ricordo percepibile che avevo era una tavola originale che mi aveva totalmente rapita anni fa, alla mostra per il venticinquesimo compleanno dell’Indagatore dell’Incubo qua a Milano. Margherite, tra l’altro, è uno di quei capolavori che mi prendevo sempre la briga di citare ogni qualvolta mi venisse criticato il lavoro di Carlo Ambrosini, ma senza cognizione di causa. Semplice furbizia da ragazzetta che un po’ si è informata; sapevo che era una storia incriticabile, volevo difendere uno degli autori che più stimo (Napoleone I love you!) e, sì, giocavo sporco.

Non sono una megaesperta di Dylan, ma lo amo molto, più ora che negli anni passati poiché col tempo ho imparato ad apprezzare i suoi toni di grigio che prima, concentrata sulla mia concezione di verità e “capisciona” com’ero, non coglievo. Sto recuperando proprio adesso quelle meravigliose perle che ho inevitabilmente perso e che invece reggono le fondamenta del fumetto Bonelli che più mi appartiene.

Margherite è una di queste, in primo luogo perché è disegnata veramente bene. Però ammetto che questi son gusti. Quante volte ho sentito i commenti più disparati sulle tavole Bonelli! Il concetto di per sé è molto semplice: Dylan Dog, come gli altri albi della casa editrice, è un mensile  e necessita di numerosi disegnatori per mantenere viva la produzione. Ovviamente ognuno di essi avrà sia un proprio stile che una diversa concezione grafica di quest’ultimo. Il Dylan Dog di Brindisi non sarà mai lo stesso Dylan ritratto da Casertano, e potrei continuare così citando uno ad uno tutti i più importanti artisti che lavorano sull’Indagatore. Perciò la mia opinione a riguardo, come tutte, è molto personale.

In secondo luogo è veramente ben scritta. Breve e scorrevole, permette al lettore di soffermarsi sempre all’altezza degli eventi più rilevanti,  proprio dove perdersi nei propri pensieri diventa un’esigenza. Perché c’è poco da fare, se questa storia non vi fa riflettere siete degli insensibili!

In ultimo la storia è potente! Il povero Dylan Dog si ritrova -guarda caso in maniera inspiegabile- ad osservare ogni giorno una fioraia cambiare le proprie sembianze; la donna, a sua volta, vede Dylan allo stesso modo. Bloccati in questa trappola senza fine, dove l’angoscia e la sensazione di impotenza la fanno da padroni, i due non possono che pensare a quanto sia labile il confine dell’esistenza da quello della non-esistenza. L’amore non basta a suggellare un lieto fine questa volta, perché, per permettere a Dylan di tornare a far parte del mondo, quello vero, la dolce e riflessiva Margherita si scarificherà, tornando lei al nulla. Un modo piuttosto anomalo e curioso di definire la condizione degli emarginati, di quelle figure che sono più ombre che persone vere e proprie per il fatto che non ci soffermiamo, al contrario di Dylan, a scrutarle.

Memore ancora delle sensazioni e delle mille riflessioni che Margherite mi ha donato, non posso che accettare di buon grado la scelta di Ambrosini come autore completo del Dylan Dog di nuova serie in prossima uscita. Sono sempre strane e affascinanti le coincidenze.
 

Ho una speranza per Dylan: che torni quello di una volta. Vediamo se, piano piano, ci riesce.

 

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