martedì 30 luglio 2013

Racconti(di)MI...ovvero le mie peripezie nella Milano che non ti aspetti

L’ANZIANO MILANESE E L’UVA
-Quando la classe non è acqua, ma almeno la prossima volta pensa a qualcosa di più intelligente da dire prima di attaccare bottone!-

Il tempo scorre e intanto i sentimenti sommergono tutto. Lo studio è minimizzato ogni secondo della mia vita, coperto da milioni di pensieri contrastanti e machiavellici. Giulia è anche lei in condizioni critiche, la sua vita in bilico più della mia. Siamo entrambe ad un bivio. In mezzo c’è lo studio che diventa l’ultimo dei pensieri. Per evitare una sessione estiva penosa prendiamo la scelta giusta: andare con la mia amica Marta in biblioteca. Un nuovo ambiente concilia sempre lo studio, una ricca sezione dedicata ai fumetti fa bene al cuore. Annesso alla villa (la biblioteca è proprio uno splendido gioiello nascosto nei bassi fondi periferici di Milano), c’è un parco. Le sale studio sono piene e ci accomodiamo provvisoriamente fuori, su dei tavolini. Nessuna di noi ha capito che i lavoratori che ci bestemmiano attorno sono lì proprio per rimuovere ogni traccia della manifestazione e smantellare, assieme al resto, anche il nostro stesso appoggio. Io e Marta siamo intenzionate e motivate, apriamo i nostri libri e ci armiamo dei miei evidenziatori pronte ad un intensa sessione di studio. Giulia no. Come un folletto dispettoso tenta di distrarci. Non riesce a focalizzare la sua attenzione sui libri e non vuole sprofondare nei terribili pensieri che ha in testa. Davvero per un momento mi pare di essere vittima degli inganni del folletto Puck, per una volta che riuscivo a concentrarmi! Un operaio ci informa che dobbiamo abbandonare la nave. Marta prega in puro stile ramingo: <<Dai! Lasciateci il tavolo!>>, generando l’ilarità di tutto il plotone.

Nel frattempo si è avvicinato a noi un anziano con l’evidente intenzione di attaccare bottone. Mi infastidisco subito perché, malpensante di natura, non vedo mai di buon occhio gli estranei che mostrano particolare interesse, fraintendendo anche le chiacchiere più innocenti. Ma trattengo l’aggressività e le mie battutine sarcastiche. In fondo, visti i miei guai, è il caso che moderi la mia impulsività. Persa tra i pensieri, non colgo subito la stramba scena che mi si sta parando innanzi.
Il signore sorridente inizia a dialogare: <<Ragazze comprate un tavolino pieghevole! Così la prossima volta ve lo portate da casa e risolvete il problema>>.
Giulia, sempre educata, risponde: <<Ma no! Veniamo da Lima. E’ troppo lontano per portarci dietro un tavolino>> (Lima, per chi non lo sapesse, è una fermata abbastanza centrale della metro rossa, in zona Corso Buenos Aires).
E lui, a questo punto, si compromette esclamando: <<Cavoli! Davvero lontano! Come siete venute? In aereo?”. Giulia guarda me e poi Marta sbigottita. Sorridiamo a denti stretti tutte e tre, contenendo una risata più sguaiata. Siamo tre ragazze, poco più che ventenni, parliamo un perfetto italiano. Io e Marta siamo pallide e coi capelli e gli occhi chiari. Mi domando nella mia testolina: “Ma che sta pensando sto scemo?”.
Lo correggiamo: <<Ma no! Intendiamo la fermata della metro>>.
Con non-chalance continua: <<Ah! Ma è una zona nobile quella…>>.
Chiudiamo la conversazione con un: <<Arrivederci!>> e sgattaioliamo via fulminee, generando una risata fragorosa a pochi passi dal nostro interlocutore. Noi le nobildonne peruviane di Milano! Lo fossimo davvero avremmo meno problemi! Il nostro amico Davide ci raggiunge con i suoi occhialini alla John Lennon e, udito il racconto, ci sbeffeggia: <<E certo nobili come siete avrete perfino un jet privato! E come mai non sono ancora stato invitato nella vostra villetta lussuosa per il the?>>.  Le risate continuano, si intrecciano e si amplificano. E noi, per un momento, siamo completamente e integralmente felici. Tanto ci basta.


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